Rintracciabilità alimentare: uno strumento di codifica per la tutela del consumatore

Rintracciabilità alimentare: uno strumento di codifica per la tutela del consumatore

Gli anni ’90 rappresentano un decennio di cambiamenti radicali per i produttori di alimenti e mangimi. Gli scandali del settore avvenuti in questo periodo, come il caso dell’encefalopatia spongiforme bovina (BSE, ossia Bovine Spongiform Encephalopathy) nota all’opinione pubblica come morbo della mucca pazza, o il caso dei polli alla diossina, hanno reso tutti consapevoli del fatto che l’igiene degli alimenti e dei mangimi, lungo tutta la filiera coinvolta, è essenziale per garantire la sicurezza alimentare. Nel corso delle emergenze sanitarie su citate si è avuto modo di osservare come, a causa di un vero e proprio vuoto normativo, sia le aziende che gli organi di controllo, fossero in profonda crisi proprio sulla rintracciabilità e sulle modalità di ritiro e richiamo dei prodotti interessati. Nell’intento di garantire la sicurezza e la salute dei consumatori, l’Unione Europea ha dovuto sviluppare la propria politica alimentare con un approccio nuovo ed integrato, volto a garantire la sicurezza alimentare “from farm to fork”. A partire dal Libro Verde del 1997 ma soprattutto con il Libro Bianco del 2000, si sono gettate le basi tecniche e normative della legislazione alimentare comunitaria. Con l’entrata in vigore della Legge-Quadro sulla sicurezza alimentare, il Reg. CE 178/2002, accanto ai principi di responsabilità primaria dell’Operatore del Settore Alimentare (OSA), di autocontrollo secondo il metodo HACCP, di garanzia della sicurezza alimentare, con l’art. 18 è stato introdotto il concetto di rintracciabilità, applicata ormai dal Gennaio 2005 e divenuta obbligatoria in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione.

Tracciabilità e rintracciabilità, termini spesso usati come sinonimi…

Molto spesso i termini tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti sono usati come sinonimi, ma in realtà hanno significati ben diversi e più precisamente:

  • Per TRACCIABILITÀ si intende il percorso di un alimento da monte a valle, cioè la possibilità di seguire il processo produttivo, partendo dalle materie prime per arrivare al prodotto finito;
  • Per RINTRACCIABILITÀ si intende il percorso da valle a monte, cioè la possibilità di ripercorrere a ritroso il processo produttivo, dal prodotto finito fino all’origine delle materie prime, mediante la raccolta delle informazioni lasciate.

La rintracciabilità diviene così indice di trasparenza ed accessibilità da parte del consumatore alla filiera produttiva. Inoltre, negli ultimi anni tale concetto è stato esteso anche al settore dei M.O.C.A. (Materiali e Oggetti a Contatto con gli Alimenti) a seguito del riconosciuto legame tra un alimento e il suo imballaggio primario ed i materiali con cui entra in contatto.

Ritiro e Richiamo dei prodotti

La rintracciabilità obbligatoria (Reg. CE 178/2002) prevede l’adozione di un sistema che documenti i flussi di materiali tra gli operatori di filiera (produzione, trasformazione e distribuzione), al fine di identificare i fornitori delle materie prime e i destinatari del prodotto finito, ad esclusione del consumatore finale. La finalità principale della rintracciabilità cogente è la possibilità di attuare, nel minor tempo possibile, le procedure di ritiro/richiamo di alimento o mangimi in caso di pericolo per la salute del consumatore.  Pertanto, si intende: 1) Per RITIRO, la misura volta ad impedire la diffusione di un prodotto non conforme; 2) Per RICHIAMO, la misura volta a recuperare il prodotto che ha raggiunto anche il consumatore finale.

La rintracciabilità volontaria

Il concetto di rintracciabilità diviene così un elemento fondamentale per la sicurezza alimentare in quanto si riconosce da un lato che studiando tutta la filiera si possono ridurre i rischi correlati e dall’altro assicura il ritiro/richiamo immediato di un prodotto, quando esso rappresenta un rischio per la salute. È possibile garantire la rintracciabilità grazie all’utilizzo di un Sistema di Codifica  che permette di identificare tramite l’assegnazione dei lotti, tutte le materie prime, i  semilavorati, i M.O.C.A. approvvigionati  e alla fine del ciclo stesso, consente di identificare i prodotti finiti.  Accanto alla rintracciabilità cogente, che non prevede la rintracciabilità interna, vi è il mondo delle certificazioni volontarie con i vari standard internazionali della serie ISO, come la ISO 22005:2008 (che fornisce le linee guida per la redazione di un Sistema di Rintracciabilità conforme a requisiti sia cogenti che volontari), o i protocolli privati GSFS, per i quali da sempre la rintracciabilità interna rappresenta un requisito fondamentale da rispettare. Infine, la rintracciabilità interna costituisce uno strumento utile per le aziende non solo perché permette di ottimizzare la produzione, ma anche perché consente di evitare eventuali sprechi grazie all’attivazione di  procedure di ritiro/richiamo dei prodotti mirate al singolo lotto in questione e non all’intera produzione.

 

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